Alle radici della creazione di valore: Valutare e gestire il capitale intangibile

di Giuseppe Marzo e Stefano Zambon

pubblicato in Nuove strategie per competere, Knowita, 2011, pp. 223-260

Valutazione e reporting degli intangibili

Il tema del Capitale Intellettuale (sovente indicato come intangible assets), ha iniziato a ricevere una crescente attenzione nel corso degli ultimi due decenni, sotto la spinta di alcuni interessanti fenomeni. Innanzitutto la consapevolezza di una modificazione sostanziale della struttura economica complessiva e dell’impresa in particolare. Il riconoscimento della sempre maggiore importanza della conoscenza come fattore fondamentale per lo sviluppo economico e d’impresa ha perciò stimolato la ricerca di modelli gestionali e di valutazione in grado di supportare il riconosciuto ruolo della conoscenza nella gestione aziendale.

Lo sviluppo della New Economy si è accomunato a tale riflessione. Questo era tuttavia un fenomeno certo connesso a quello, ma in parte distinto. E il successivo scoppio della bolla speculativa, che tanta eco ha avuta all’inizio del nuovo millennio, ha rischiato di trascinare con sé l’interesse per gli intangibili, a causa della frenesia nel liberarsi di tutto ciò che in qualche modo era connesso alla New Economy.

In ogni caso, il crescente ritmo della globalizzazione, soprattutto nella sua prima forma di delocalizzazione globale ha richiamato attenzione sul tema. Se da un lato diventava facile competere su nuovi mercati e delocalizzare impianti e produzioni, ci si è non di rado resi conto che il problema non è la localizzazione fisica o dei materiali, ma quella invece delle conoscenze.

Si trattava ovviamente dell’altra faccia di un processo di sviluppo economico che spesso si è affidato alle economia di scala e di raggio di azione, dimentico del fatto che ragioni di differenziazione tra le imprese possono aversi solo con lo sviluppo di processi, valori, conoscenze non facilmente replicabili e scambiabili. E con una competizione via via crescente, la capacità di differenziarsi e proporre unicità al mercato sembrava una risposta vincente.

La consapevolezza così raggiunta sull’importanza della conoscenza e delle forme in cui questa si declina non era ovviamente nuova per le imprese più attente e per gli studiosi accorti. Le une e gli altri da sempre avevano compreso quanto la conoscenza – con la sua abilità nel trasformarsi in competenze – fossero importanti. Tuttavia la relativa facilità – certo relativa ai contesti attuali – di fare business avevano consentito la focalizzazione su altri aspetti. E così, dopo l’espansione illimitata, che ha caratterizzato la strategia dell’impresa fino agli anni ’70; la gestione del portafoglio di business che si era così accumulato, tema tipico degli anni ‘80; e l’attenzione all’analisi di settore, input fondamentale per il pensiero strategico fino all’inizio degli anni ‘90; ci si è accorti dell’importanza di conoscenze e competenze organizzative per poter operare con successo.

La nuova enfasi che si è creata verso le risorse immateriali si è così espansa in varie direzioni. Innanzitutto, l’approfondimento degli aspetti legati alla loro gestione, con la necessità di bilanciare ad un tempo la preservazione e la “segretezza” di conoscenze e competenze sviluppate, e dall’altro consentirne la diffusione all’interno dell’azienda e il travaso da un’unità organizzativa all’altra. Inoltre, la necessità di fornire sistemi di misurazione e di valutazione a supporto del management, che si divincolassero dalla rigida miopia finanziaria che aveva predicato la possibilità di ottenere frutti senza occuparsi delle radici dell’albero. E ciò significava ideare sistemi che se da un alto dovevano correggere la miopia alla quale il management era forzato, in specie dal fiato corto dei mercati finanziari, e dall’altro dovevano sostituire a questi un forte strabismo: non si potevano – e non si devono – trascurare i risultati economico-finanziari attuali e prossimi, ma d’altra parte occorre gettare le basi per il successo futuro e duraturo dell’impresa.

Accanto ai sistemi di gestione, ecco comparire poi quelli di misurazione volti allo sviluppo di processi di comunicazione, con i mercati finanziari, certo, ma anche con altri stakeholder potenzialmente interessati. Certo l’esperienza dei bilanci ambientali e sociali era presente oramai da decenni. Essa tuttavia correva il rischio di presentarsi più come una sorta di giustificazione delle attività potenzialmente pericolose dell’impresa più che come la dimostrazione della sua capacità di prosperare economicamente nel futuro. E così il bilancio delle competenze e degli intangibili sono stati proposti come modalità di coinvolgimento degli stakeholder aziendali nel processo di generazione durevole di valore economico.

Non da ultimo, anche grazie allo sviluppo di quella sensibilità che poi avrebbe portato all’adozione di principi contabili internazionali a livello europeo, molti osservatori e studiosi iniziarono ad avanzare la riflessione che i bilanci prodotti dalle imprese non fossero più capaci di rappresentarne le condizioni di effettiva economicità, e che questi dovessero riformarsi per rendere conto dei nuovi driver di valore economico: gli intangibili appunto.

Il contenuto del capitolo

Questo capitolo intende dar conto dello sviluppo appena presentato, proponendolo dalla particolare prospettiva delle problematiche di valutazione degli intangibili. Valutazione è intesa non soltanto come assegnazione di valori monetari, ma anche come misurazione o stima del contributo che le risorse immateriali possono offrire nell’ambito del processo di generazione di valore. Per riprendere le riflessioni anzidette, i modelli di valutazione sono presentati nelle tre prospettive della valutazione monetaria, della valutazione a supporto della gestione dell’impresa, e della misurazione per il reporting esterno, seppur con l’avvertenza che una perfetta specializzazione dei modelli non posa presumersi, e perciò capita che uno stesso modello valutativo venga impiegato sia per finalità, ad esempio, gestionali che di comunicazione.

La scelta di distinguere i modelli di valutazione monetaria dagli altri, certo risiede nel loro impiego per finalità specifiche, aventi a che fare con la valutazione economica dei singoli asset o dell’impresa, ma essa è importante anche ai fini gestionali, poiché l’incremento del valore di un bene intangibile rivela l’efficacia della strategia implementata dall’impresa. Il valore ha poi finalità interessanti anche in sede di comunicazione, e in tale ottica è da vedersi la critica circa l’incapacità de principi contabili di riconoscere il valore dei driver di successo dell’impresa


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Data pubblicazione: 8/01/2024

Argomento: Capitale intellettuale, Strategia